Neurosystemics, n°7/2016

dicembre 2016

Ecco alcune riflessioni tratte dall’intervista di Ricardo De Querol al sogiologo Zygmunt Bauman, pubblicata su El País qualche mese fa.

Secondo Bauman le reti sociali, pur avendo cambiato in buona misura le forme tradizionali dell’attivismo sociale, non sostituiscono le comunità autentiche e l’attivismo online è un “attivismo da sofà” poichè internet, troppo spesso, non fa che “addormentare con intrattenimento a basso costo”.

“Quello che le reti sociali possono creare”, ha segnalato il sociologo, “è un sostituto. La differenza tra la comunità e la rete è che tu appartieni alla comunità ma la rete appartiene a te. Puoi aggiungere amici e puoi cancellarli, controlli la gente con cui ti relazioni. La gente si sente un po’ meglio perché la solitudine è la grande minaccia in quest’epoca di individualizzazione. Ma nelle reti aggiungere amici o cancellarli è così facile che non c’è bisogno di capacità sociali”.

Queste ultime, ha segnalato Bauman nell’intervista, si sviluppano nel contatto quotidiano umano diretto, in spazi condivisi, sia pubblici che privati: per strada o nell’ambiente di lavoro, in cui è necessaria un’interazione “ragionevole” con la gente; insomma, in interazioni che esigono dialogo, negoziato e apertura. A questo proposito, Bauman non esita a ricordare che papa Francesco ha concesso la sua prima intervista dopo essere stato eletto Sommo Pontefice a un giornalista apertamente e militantemente ateo, Eugenio Scalfari.

“È stato un segno”, ha indicato Bauman: “il vero dialogo non è parlare con gente che la pensa come te”. Il dialogo, ha specificato il sociologo è “insegnare a imparare. L’opposto delle conversazioni ordinarie che dividono le persone: quelle nel giusto e quelle nell’errore”.

“Entrare in dialogo significa superare la soglia dello specchio, insegnare a imparare ad arricchirsi della diversità dell’altro. A differenza dei seminari accademici, dei dibattiti pubblici o delle chiacchiere partigiane, nel dialogo non ci sono perdenti, ma solo vincitori. Il dialogo non è un caffè istantaneo, non dà effetti immediati, perché è pazienza, perseveranza, profondità”.