di Marco Rotondi

Neurosystemics n° 16/2020


Neurosystemics n° 16/2020

Un tempo duro, difficile, faticoso, imprevisto, che forse potrebbe divenire anche prezioso.

Un tempo di silenzio, per stare con se stessi, per ascoltarsi, forse per farsi alcune domande fondamentali: cosa mi interessa? cosa mi piace fare? di cosa ho veramente bisogno? cosa è realmente importante per me? cosa mi fa star bene? cosa mi fa dimenticare tutto e vivere con pienezza il presente? cosa ci faccio qui? che traccia voglio lasciare del mio veloce passaggio su questa terra (che esiste da 4,5 miliardi di anni ed ha 7,5 miliardi di esseri come me)?

E magari, questa volta, non archiviare subito queste domande come “cose filosofiche troppo grandi per me”; magari questa volta cercare davvero di darsi una risposta anche solo provvisoria, ma una prima, vera, “nostra” risposta.

Un tempo di isolamento, per capire chi è veramente importante per noi, di chi ci manca il sorriso e le battute, la presenza fisica e chi, invece è sparito nell’obblio senza lasciare traccia; e allora scrivere, messaggiare, whatsappare, mandare mail, fare videocall; non solo per non perdere la vicinanza che avevamo, ma anzi per volerla rafforzare, renderla solida, tale da reggere una prolungata distanza; così telefonare a persone che non sentivamo più da anni, per riaprire relazioni che potevano apparire finite, per dire invece loro semplicemente “anche se non ci sentiamo da un po’, è importante per me che tu ci sia, che tu esista”.

Un tempo in cui si vive soli e forse ci si domanda come mai è successo così; se lo si è scelto, lo si è subito o se semplicemente è capitato e basta; e allora, magari, si riesce a capire meglio se è questo proprio quello che volevamo.

Un tempo in cui, se si è fortunati, si vive “soli con altri”, con i nostri cari, i nostri famigliari, i nostri compagni; così, forse, possiamo ritrovare finalmente il tempo per ascoltarli veramente, per metterci al loro posto e provare a capirli fino in fondo, per scoprire i tesori nascosti che custodiscono, per parlarsi apertamente e dare e ricevere autentica attenzione, per imparare di nuovo a dialogare, a non dare tutto per scontato e già conosciuto, perché ogni persona (anche nostra moglie che frequentiamo ormai da un pezzo!) può essere un universo nascosto da non smettere mai di scoprire, capace di farci stupire ancora.

Un tempo di profondità e non di superficie, un tempo in cui spegnere anche il televisore e sostituire la finzione con la realtà per riscoprire il linguaggio concreto e schietto della vita, ritornare in sintonia con la natura, l’arte, la musica; canali che da sempre hanno aiutato gli uomini a conoscersi meglio. Riprendere in mano quei libri che da tempo volevamo leggere o rileggere. Riproporsi il primo insegnamento socratico: conosci te stesso e conoscerai gli altri e conoscerai il mondo.

Un tempo per fare un po’ d’ordine dentro e fuori di noi; risistemare la nostra camera, la nostra casa, la nostra vita; buttare via tutto il superfluo, che ci appesantisce inutilmente, e riscoprire la bellezza dell’essenzialità, l’importanza del vuoto, dello spazio che ci consente di muoverci, crescere e immaginare, rispetto al pieno, allo straripante che ci blocca e ci immobilizza.

Un tempo per costruire nuove buone abitudini fisiche (ginnastica, alimentazione, postura, …) e mentali (silenzio, concentrazione, meditazione, …), per riscoprire la soddisfazione di creare delle cose direttamente con le proprie mani: dalle torte ai quadri, dai vestiti al bricolage, dal giardinaggio all’orto.

Un tempo per guardare oltre i limiti angusti dei propri egoismi e confini per vedere le cose nella loro interezza e interrelazione profonda; mai come oggi capiamo bene e, non solo intellettualmente ma con tutto il nostro corpo, cosa volessero dire esattamente l’interconnessione e l’interdipendenza espresse così magistralmente da Lorenz (1972) nella sua nota proposizione:

il batter d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas

o da John Donne (XVI secolo) col suo ancor più noto

Nessun uomo è un’Isola,
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.
Se una Zolla viene portata via dall’onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la tua stessa Casa.
Ogni morte d’uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all’Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te.”

Un tempo importante per imparare, ma non nozioni intellettuali o slogan vuoti; un tempo per apprendere diversi modi di vivere, diversi modi di comportarsi concretamente nel quotidiano, per scegliere diverse priorità per organizzare la propria vita; un tempo in cui capire, con la testa e col cuore, di non tornare più a essere troppo occupati dal “fare” per poter avere sempre tempo per sentire se stessi e gli altri, per percepire la realtà e la natura e così vivere meglio.

Un tempo importante anche per le organizzazioni, per preparare servizi e prodotti diversi, ma soprattutto per costruire diversi ambienti psico-fisico-organizzativo-relazionali per i propri collaboratori; perché quando torneranno a lavorare, o si saranno riposati dopo il superlavoro spesso eroico compiuto durante l’emergenza, non saranno più gli stessi.

Un tempo da non perdere semplicemente aspettando che passi.