Neurosystemics n° 2/2015


Proponiamo qui di seguito una lucida riflessione di Zygmunt Bauman sulla crisi economica e finanziaria degli ultimi anni e sull’influenza che questa ha avuto e tutt’ora ha sulla nostra cultura. La riflessione è tratta da un’intervista realizzata da Andrea Galli per l’Avvenire.

Noto come uno dei più influenti pensatori al mondo, Bauman sviluppa il suo lavoro di ricerca per capire i cambiamenti della nostra epoca, dalla sociologia alla teoria politica, dalla filosofia alla comunicazione, dall’etica all’economia. A lui si deve la definizione di modernità liquida, di cui è uno dei più acuti osservatori e la cui concettualizzazione ha influenzato gli studi in tutti i campi delle scienze umane. E’ autore di moltissimi libri nei quali si è occupato dei grandi temi del pensiero sociologico, quali l’analisi della modernità e postmodernità e il ruolo degli intellettuali, ma continua tutt’oggi ad allargare il suo sguardo per mettere a fuoco le trasformazioni della sfera politica e sociale indotti dalla globalizzazione e che impattano la vita e le scelte di ciascun individuo, divenendo sempre più noto anche al grande pubblico. Tra i suoi saggi più famosi si possono citare: “Modernità e olocausto”, “Modernità liquida”, “Amore liquido”, “Vita liquida”, “Consumo dunque sono” e “L’arte della Vita”.

Dall’atteggiamento del giardiniere a quello del cacciatore…

Spesso, parlando della crisi economica finanziaria attuale, si richiama la Grande depressione del 1929 che colpì una società povera ma ricca di valori tradizionali di riferimento. Oggi la situazione sembra opposta: una società incomparabilmente più benestante rispetto agli anni prima della guerra, ma ben più povera in valori condivisi. Bauman sostiene che ci siano stati due sostanziali allontanamenti che rendono differenti le due crisi: il divorzio tra potere e politica e una pervasiva privatizzazione di interessi e responsabilità, che ha dato come risultato una società in cui gli individui cercano di trovare soluzioni individuali a problemi generati a livello sociale. Quello che manca oggi da quel quadro di valori condivisi è il valore della “buona società”, da cui dipendono il benessere e la dignità di ogni singola vita. “Siamo passati dall’atteggiamento del giardiniere a quello del cacciatore: il primo si manifesta nella cura del bene comune – migliorare la qualità della vita rendendo la società più umana-, il secondo nel tentativo di ognuno di ritagliarsi uno spazio relativamente sicuro nel mezzo di una società i cui guasti e la cui insicurezza sembrano senza speranza”.

Le risorse di speranza della società occidentale

Secondo Bauman abbiamo bisogno di cercare delle fonti di felicità e di dignità altre rispetto a quelle che richiedono un continuo saccheggio delle risorse del pianeta. Il nostro modo di vivere, guidato dall’ideale del lucro, ma dimentico dei valori del mutuo aiuto, della cura reciproca, del bene comune e del contributo personale al benessere di tutti, non è la sola forma umana di coabitazione. Dovremmo cercare una prosperità durevole nelle relazioni, nella famiglia, nel vicinato, nella comunità e ricercare il significato della vita nelle “vocazioni al servizio di una società che funzioni e si concentri sul futuro”.

Secondo Bauman è tempo di chiedersi se sta emergendo una visione alternativa della storia e del progresso tale da poter considerare la ricerca della felicità attraverso l’acquisto di beni non più come un avanzamento, ma come una semplice deviazione del cammino sociale inevitabilmente temporanea. “La giuria, come si suol dire, sta ancora deliberando, ma è davvero giunto il momento di un verdetto. Più a lungo la giuria si ritira, maggiore è la probabilità che sia costretta a uscire dalla camera di consiglio per mancanza di viveri… noi siamo parte di questa giuria. È dal nostro verdetto che dipende il futuro, il futuro dell’umanità”.