di Marco Rotondi

Neurosystemics n° 13/2019


Il concetto di generazione è stato definito da un noto libro del 1991 di Howe e Strauss (Generations: The History of America’s Future) che ha posto all’attenzione scientifica, probabilmente per la prima volta, il tema delle diverse generazioni. Gli autori in questo testo introducono il loro concetto di generazione: persone che hanno avuto delle esperienze in comune mentre raggiungevano la maggiore età; queste esperienze in comune hanno portato queste persone a condividere valori comuni e questi valori comuni hanno prodotto in loro comportamenti tipici abbastanza simili; questo cambio di generazione avviene ogni vent’anni e ciclicamente rispondono a quattro profili caratteristici comuni che gli autori chiamano: i profeti, i nomadi, gli eroi, gli artisti.

Howe N. , Strauss W., 2007, The Next 20 Years, HBR luglio,
Fig.1 / Schema delle generazioni di Howe e Strauss (2007, The Next 20 Years, HBR luglio)

Questo lavoro ricevette molte critiche ed obiezioni in quanto questo concetto di generazione risulta molto discutibile: le generazioni infatti rappresentano dei cluster evidentemente a maglie troppo larghe e tutti i riferimenti utilizzati dagli autori per eseguire le loro analisi riguardano il mondo occidentale industrializzato, anzi principalmente solo quello americano.

Per cercare di superare alcune di queste obiezioni, più avanti gli autori introdussero anche il concetto di cuspide: a 3-5 anni dalla linea di demarcazione stabilita che separa una generazione dall’altra, iniziano ad esserci dei cambiamenti di queste caratteristiche generazionali e quindi le persone che sono in questa zona grigia intermedia respirano un po’ di una generazione e un po’ dell’altra uscendo quindi spesso fuori dai comportamenti tipici standard indicati dalla loro ricerca.

Rimangono comunque tutte le limitazioni legate alla localizzazione americana delle esperienze e degli studi fatti e tutti i forti rischi correlati a questo tipo di generalizzazioni che non tengono minimamente conto di come in così grandi fette di popolazioni considerate esistano comunque sempre delle diverse distribuzioni di percezioni e propensioni per cui, seppur dentro a trend macro-orientativi che possono avere caratterizzanti comuni (anche se spesso limitati), al loro interno risultano invece evidentemente molte e più significative differenze.

In particolare modo questo ripetersi ciclicamente ogni vent’anni di profeti, nomadi, eroi, artisti, mentre risulta molto elegante didatticamente rimane molto discutibile nella realtà, sia perché le durate temporali non sono mai così precise e uguali dipendendo dai diversi eventi sociali che accadono nelle diverse società (come per esempio l’11 settembre 2001 in USA), sia perché la storia può richiedere ben altre tipologie di persone rispetto alle 4 standard identificate dagli autori.

Resta comunque a loro il merito di aver sottolineato per primi le grandi differenze generazionali che si possono incontrare nelle nostre società e nelle nostre aziende e di avere segnalato la cosa vent’anni prima che avesse un impatto così forte nelle nostre organizzazioni.

Cerchiamo allora di trarre da questi studi sopra brevemente delineati alcune indicazioni pratiche che possono essere utili a chi in azienda viene in contatto, in un modo o nell’altro, coi problemi relativi al diversity management. Il tema della coesistenza in azienda delle diverse generazioni rappresenta allora senz’altro una delle grandi differenze da dover gestire. Stando alle più recenti riflessioni su questo tema, attualmente in azienda possiamo incontrare 5 diverse generazioni che vengono riportate nella schematizzazione di Fig. 2. La presenza di quattro di esse è ormai consolidata, mentre la quinta (la generazione Z) inizia a farvi capolino proprio a partire da quest’anno.

Generazione Anno di nascita Età al 2019 % degli occupati al lavoro nel 2016 (1)
Patriarchi, traditionalists, veteran, silent 1920 – 45 73 – 98 5%
Baby boomers 1946 – 64 54 – 72 45%
Generazione X 1965 – 80 38 – 53 28%
Millennials, Generazione Y 1981 – 2000 18 – 37 22%
Generazione Z 2001- 2020? 0 – 17 0%
Fig.2 / Le cinque generazioni al lavoro

Le cinque generazioni al lavoro sono:

  1. I patriarchi detti, anche traditionalist o veterans, e che oggi avendo più di 70 anni sono ormai in larga parte ritirati dalla vita lavorativa.
  2. I baby boomers che sono i figli del boom economico occidentale e rappresentano la generazione più ampia numericamente e comprendono quelli che oggi hanno fra 54 e i 72 anni; per cui alcuni di essi sono in uscita dalle organizzazioni, altri già in pensione, altri invece hanno davanti a sé ancora una quindicina di anni di lavoro prima di poterci andare.
  3. La generazione X che comprende i nati dal 1965 al 1980; persone che oggi hanno tra i 38 ed i 53 anni.
  4. La generazione dei millennials, chiamati a volte anche generazione Y, che attualmente hanno tra i 18 ed i 37 anni e che silenziosamente allargano la propria quota di presenza fra gli occupati e che oggi rappresentano in Italia già il 22% di essi(1). Questo dato raggiunto dai millennials potrebbe sembrare elevato ad un primo sguardo, ma risulta invece piuttosto basso se confrontato col resto dell’Europa. Nel Regno Unito, ad esempio, la percentuale dei millennials al lavoro è già pari al 29% (di loro abbiamo già parlato diverse volte nei precedenti numeri di Neurosystemics – vedi n° 6, 8, 9).
  5. Infine la generazione Z che si sta appena affacciando al mondo del lavoro, ma che occorre tenere particolarmente in considerazione; infatti pur non essendosi ancora inserita nelle organizzazioni di lavoro è già molto attiva nel volontariato e nelle organizzazioni e associazioni sociali; gli appartenenti a questa generazione sono concreti, hanno le idee chiare, il loro tema natale è il “fare” non il “parlare”; si sentono cittadini responsabili e attivi, non vogliono cambiare il sistema, ma vogliono migliorarlo dal di dentro senza scuse (in questo numero di Neurosystemics dedichiamo a loro alcune news che riportano discorsi pubblici, tenuti da ragazze di questa generazione, che stanno divenendo virali sul web).

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1) Istat, Le dinamiche del mercato del lavoro, Rapporto annuale 2016