di Ilaria Ugolini

Neurosystemics n° 5/2016

marzo 2016

Secondo gli ultimi dati ISTAT, in Italia, siamo meno, più vecchi, con il record negativo di nascite e un esercito di persone che ha deciso di emigrare. Nel 2015, circa 100mila italiani hanno lasciato il bel paese seguiti da circa 45mila cittadini stranieri. Ma non si tratta di connazionali che partono spaesati e con le valigie di cartone, ma di giovani intraprendenti, dinamici, alla ricerca di opportunità lavorative stimolanti, con progetti e sogni da realizzare.

Questa fuga riguarda, in particolare, i cittadini più giovani nella fascia di età compresa tra i 18 e i 39 anni, che si trasferiscono in Germania, Svizzera, Francia, Regno Unito o addirittura in paesi più lontani come Stati Uniti, Argentina, Brasile e Australia. Molti di questi sono ricercatori e accademici, i così detti “cervelli in fuga”, ma non solo. C’è anche chi ha deciso di lasciare l’Italia per trovare migliori opportunità di lavoro e stipendi più alti. Quello che li accomuna, però, è l’esigenza di vivere dove merito e competenze sono valorizzati, a scapito di raccomandazioni e burocrazia.

Se da un lato è vero che molti di questi rientrano nella generazione dei millennials, cresciuti con la consapevolezza che la mobilità internazionale è un aspetto positivo, che consente di aprirsi al mondo, conoscere diverse culture arricchendo il proprio bagaglio di esperienze, dall’altro questa fuga è legata soprattutto ad una mancanza di prospettive e di futuro per il nostro paese. C’è infatti un divario sempre più ampio tra le condizioni lavorative in Italia rispetto e quelle offerte da altri paesi, e questo spinge sempre più giovani sfiduciati ad andarsene per non rassegnarsi a rimanere a lungo disoccupati o a fare lavori di basso livello o sottopagati.

In particolare il settore della Sanità risente molto di questa “fuga”. Secondo un recente studio del sindacato medici italiani su dati di Federspecializzandi, sono molti coloro che si recano presso il Ministero della Salute per richiedere i documenti necessari per ottenere la possibilità di lavorare nei paesi dell’Unione Europea. In Inghilterra, ad esempio, la domanda di personale medico specializzato è superiore all’offerta e in virtù di questo gli ospedali e le agenzie di reclutamento cercano all’estero i propri candidati e l’Italia è uno dei paesi più gettonati. Uno specializzando arriva a guadagnare quasi il doppio di un collega italiano. Posto assicurato e con il doppio dello stipendio… viene naturale chiedersi perché rimanere in Italia?

Su Internet sono nati negli ultimi anni, numerosi siti dedicati agli italiani che vivono all’estero o che hanno intenzione di trasferirsi. Tra i più conosciuti ci sono ad esempio mollotutto.com, italiansinfuga.com, viviallestero.com, voglioviverecosi.com.

Spesso i ragazzi che hanno scelto di partire per fare una esperienza, trovano un lavoro stabile e non tornano più indietro: una vera e propria “emorragia di idee” (e di soldi) per il paese a vantaggio di altre realtà che sanno programmare il futuro. Di questo fenomeno discutono ormai da tempo ricercatori, sociologi ed economisti poiché le implicazioni sono molteplici; si pensi, ad esempio, a quanto incida questa “fuga”  sulla spesa pubblica: il sistema educativo italiano spende per formare giovani che poi porteranno il frutto dei loro studi e delle loro competenze altrove.

I giovani italiani hanno competenze, cognizioni e voglia di fare che rappresentano un grande motore di crescita per il nostro Paese. E’ necessario però combattere la mancanza di prospettive per il futuro e creare condizioni affinché il merito e i buoni risultati trovino spazi di riconoscimento e di sviluppo  in modo che i nostri figli possano restare a lavorare in Italia; alcuni anni fa l’India lanciò un programma per far tornare in patria i suoi cervelli migliori che erano andati ad insegnare all’estero ed oggi le università indiane sono diventate migliori. Forse è giunto anche per l’Italia il momento di fare qualcosa di simile ed invogliare i nostri tanti cervelli espatriati a rientrare senza troppe rinunce, perché un paese senza giovani è un paese senza futuro.