di Ilaria Ugolini

Neurosystemics n° 10/2017

ottobre 2017

C’era una volta un imprenditore che ha dedicato la sua vita alla sua azienda, un’industria italiana leader nel settore di trasformatori nel mondo. E fin qui niente di strano. Il suo nome è Luciano Tamini, classe 1932, che dall’età di 21 anni, ha guidato la conquista del mercato dell’energia elettrica producendo trasformatori. La fabbrica di Melegnano è stata ribattezzata negli anni «la Ferrari dei trasformatori».

La particolarità di questo imprenditore è che, appena prima di morire, ha donato ai suoi dipendenti (circa 300 persone) 4 milioni di euro: 15 mila euro per ogni operaio e 10 mila per ogni impiegato («perché è giusto dare qualcosina in più a chi guadagna meno»).

Luciano li conosceva uno per uno e da ciascuno di loro sapeva tirare fuori il meglio. In azienda era un motivatore, un leader che superava i dubbi con le decisioni, spesso veloci e d’intuito. «Se non decidi sbagli di sicuro», ripeteva ai suoi collaboratori. Un carattere duro, ma un capo capace di calibrare parole e atteggiamenti che ha sempre puntato alla qualità dei suoi prodotti come chiave fondamentale per stare sul mercato.

Da manager ha sempre concepito il mercato come un campo di gara in cui vince il migliore, e per questo ha sempre rifiutato accordi con i concorrenti, qualsiasi forma di cartello, nonostante le avances delle multinazionali. Fino al 2014 quando, complice la crisi, ha ceduto l’azienda a Terna, colosso italiano della distribuzione di energia, convinto di assicurare così «un futuro al marchio e sopratutto ai lavoratori». Lui diventa presidente onorario e l’aziende riesce a sopravvivvere senza dover ricorrere a licenziamenti.

Nel 2016, in occasione del centenario della Tamini, pubblica un libro, “Il cammino del vecchio leone”, per raccontare la storia di «un’eccellenza italiana» e ripercorre la sua carriera imprenditoriale dagli anni ’50 ad oggi.

Ma pochi mesi dopo, con il cambio ai vertici di Terna, alla Tamini si parla per la prima volta di cassa integrazione. Lui è contrario, si schiera dalla parte dei dipendenti, ma nel febbraio 2017 viene estromesso anche dalla carica di presidente onorario.

Prima di uscire di scena scrive una lettera indirizzata agli amici operai, impiegati, dirigenti, sindacalisti. «Ho compiuto 84 anni, ma come un vecchio leone vi dico che sono pronto a ruggire ancora. La Tamini è indistruttibile e non potrà finire mai. Abbiate pazienza e fiducia, un abbraccio a tutti».

Luciano è morto lo scorso luglio e per il suo funerale, i manager che lui ha osteggiato hanno deciso di accogliere una delle sue ultime volontà: otto ore di
permesso a tutti i dipendenti perché potessero partecipare al commiato.

Un manager che, oltre ad una cospicua eredità, ha lasciato sicuramente il segno in ognuno dei suoi collaboratori.