di Marco Rotondi

Neurosystemics n° 17/2020

ponte

L’onda delle superficiali semplificazioni, del “un uomo solo forte al comando”, del costringere a fare con la violenza e la paura, del “costruiamo muri”, della negazione della verità, del solo interesse personale e illimitato dei capi prima di ogni cosa, della copertura imbarazzante di ogni intrigo, … lentamente sta iniziando a smorzarsi.

Trump, dopo aver riportato gli USA e la politica internazionale indietro di cento anni, dal 20 gennaio scomparirà nell’oblio del peggiore presidente degli Stati Uniti di tutti i tempi; la tempesta del Covid-19 si è abbattuta su tutti: i potenti e gli ultimi, le nazioni ricche ed i paesi più poveri, ricordandoci che siamo tutti collegati e interconnessi e non ci si salva da soli o gli uni contro gli altri.

Incomincia lentamente a riprendere audience la vera leadership, quella, per intenderci, che noi chiamiamo “leadership etica” per necessità di distinguerla dall’uso distorto della parola leadership fatta troppo spesso dalla stampa che la utilizza per indicare i padroni, i capi, i proprietari, quelli che hanno il controllo sulle persone (magari con la paura) o che detengono il potere (magari in forma autoritaria o dittatoriale). Leader in senso psicosociologico, infatti, non sono i re o i capi o quelle persone che si auto-nominano tali attraverso l’uso della forza, dei soldi o degli intrighi, ma chi è riconosciuto dal basso come una guida da seguire perché si prendono cura del bene di tutti, di indicare la strada da prendere per superare le complessità e le interdipendenze caratteristiche del mondo contemporaneo in cui viviamo.

I veri leader, quindi, sono “costruttori di ponti non di muri“, aprono le menti delle persone per trovare insieme strade nuove e creative, non le chiudono con le paure, coi monologhi, con le facili ricette della semplificazione, dell’omologazione, dell’essere tutti uguali.

I veri leader non temono le difficoltà, le diversità e la complessità ma le vedono, le studiano, le affrontano e cercano strade per superarle e integrarle in visioni comuni più complete e vere della realtà che ci circonda; conoscono la forza dei team e della collaborazione interpersonale e riescono a coagulare l’energia delle persone verso mete comuni condivise anche se difficili. Per questo uno dei loro sport preferiti è dialogare; ma dobbiamo intenderci bene sul significato di questa parola.

“Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo “dialogare”. Per incontrarci e aiutarci a vicenda abbiamo bisogno di dialogare. Non c’è bisogno di dire a che serve il dialogo. Mi basta pensare che cosa sarebbe il mondo senza dialogo paziente di tante persone generose che hanno tenuto unite famiglie e comunità. Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto”…

“Spesso si confonde il dialogo con qualcosa di molto diverso: un febbrile scambio di opinioni nelle reti sociali, molte volte orientato da un’informazione mediatica non sempre affidabile. Sono solo monologhi che procedono paralleli, forse imponendosi all’attenzione degli altri per i loro toni alti e aggressivi. Ma i monologhi non impegnano nessuno, a tal punto che i loro contenuti non di rado sono opportunistici e contraddittori”.

Queste parole così efficaci sul dialogo non le ho trovate su un testo di sociologia, psicologia o management, ma sono state scritte da uno dei pochi veri leader su cui gli abitanti di questo pianeta possono contare: Papa Francesco; nel suo ultimo libro “Fratelli tutti” (da cui i due brani sopra riportati sono tratti -198 e 200) ci presenta una visione lucida di dove sta andando il mondo e ci indica con chiarezza quale strada occorre velocemente imboccare per il bene di tutti, compresi quelli che stanno pensando soltanto ai loro interessi personali a breve termine facendo deragliare la traiettoria del nostro pianeta. La sua è una chiamata ai veri leader, ancora nascosti nelle retrovie sociali o che stanno nascendo fra le nuove generazioni, affinché escano allo scoperto e guidino i loro gruppi, le loro organizzazioni, i loro popoli verso il bene comune di tutti attraverso il dialogo inter-nazionale, inter-razziale, inter-confessionale, inter-generazionale … un vero dialogo cioè fra le molte e preziose differenze che esistono nel nostro mondo e che dobbiamo preservare e consegnare così arricchite come bene prezioso ai nostri figli.