di Ilaria Gandolfo

Neurosystemics n° 14/2019


Rasmus Hougaard e Jacqueline Carter in “Ego Is The Enemy of Good Leadership”, pubblicato recentemente dalla rivista Harvard Businness School (Novembre 2018) individuano nell’ego smisurato il principale nemico della buona leadership.

L’articolo si apre portando ad esempio l’esperienza di Cees ‘t Hart, amministratore delegato del gruppo Carlsberg, compagnia produttrice di birre e bevande di importanza mondiale. Al suo primo giorno da AD del gruppo, a Cees è stata data una chiave magnetica che gli permetteva di salire direttamente al 20° piano -dove si trovava il suo nuovo ufficio- senza che l’ascensore si fermasse a piani intermedi. Passati i primi mesi nel nuovo ufficio, Cees si rese conto che la nuova posizione di leader dell’azienda, e il beneficio del pass che gli permetteva di salire in ufficio senza incontrare altri impiegati, lo stava isolando: ciò lo ha portato non solo a rinunciare alla chiave magnetica dell’ascensore, ma anche a trasferirsi di sua iniziativa in una scrivania che si trovava in un open space qualche piano più sotto rispetto al lussuoso ufficio che gli era stato assegnato. Quando gli è stato chiesto come mai, Cees ha risposto: “se non incontro le persone, non posso riuscire a capire cosa pensano e se non ho un contatto con il cuore dell’organizzazione, non posso guidarla efficacemente”.

Questa storia fornisce un buon esempio per indicare un grande rischio per chi occupa posizioni dirigenziali: l’isolamento. In breve, più i leader salgono di rango più aumenta il rischio che sviluppino un ego smisurato e più il loro ego aumenta, più c’è il rischio che finiscano in una bolla di isolamento e che perdano il contatto con i colleghi, la cultura aziendale ed i clienti.

Man mano che una persona sale di livello all’interno dell’organizzazione e assume sempre più potere, per le persone che lo circondano diventa sempre più facile desiderare di compiacerlo ascoltandolo più attentamente, dandogli maggior consenso e ridendo di più alle sue battute: questi sono tutti aspetti che contribuiscono a stuzzicare e far crescere il suo ego e quando ciò accade questo si sviluppa in maniera esponenziale.

David Owen, ex segretario di stato per gli affari esteri del Regno Unito e neurologo, e Jonathan Davidson, professore di psichiatria e scienze del comportamento alla Duke University, chiamano “sindrome dell’arroganza” il disturbo tipico di chi detiene il potere, in particolare quando porta ad un successo schiacciante, conseguito per un periodo di almeno qualche anno.

Un ego smisurato può deformare le nostre prospettive o distorcere i nostri valori; per dirla con le parole di Jennifer Woo, amministratrice delegata di The Lane Crawford Joyce Group (il più importante rivenditore di beni di lusso in Asia) “la gestione della propria brama di fortuna, di successo e di influenzare gli altri è la prima responsabilità di ogni leader”. Quando cadiamo infatti nella trappola della brama di successo, perdiamo il controllo e il nostro ego ci rende suscettibili alla manipolazione, restringe il nostro campo visivo e corrompe il nostro comportamento portandoci ad agire anche in opposizione ai nostri valori.

L’ego può essere considerato come il nostro punto di riferimento, il nostro bersaglio e, come tutti i bersagli, più è grade e più è facile da colpire. Così, un ego smisuratamente gonfiato ci rende prevedibili e vulnerabili, fa sì che sia più facile per gli altri approfittarsi di noi e giocare con il nostro ego, sapendo che siamo desiderosi di compiacimento e attenzioni positive. Quando siamo vittime del nostro stesso bisogno di essere visti come perfetti, finiamo per essere portati a prendere decisioni che possono rivelarsi dannose per noi stessi, per gli altri e per la nostra organizzazione in generale.

Un ego smisurato non solo quindi ci rende più facilmente manipolabili, ma anche corrompe il nostro comportamento. Quando crediamo di essere gli unici artefici del nostro successo, tendiamo ad essere più maleducati, ad interrompere più facilmente i discorsi degli altri, e questo è vero soprattutto quando ci troviamo di fronte a ostacoli e critiche. Così, un ego smisurato ci impedisce di imparare dai nostri errori e ci porta a creare barriere difensive che rendono difficile apprezzare le importanti lezioni che si possono imparare dai fallimenti.

Infine, un ego smisuratamente grande riduce il nostro campo visivo: l’ego è, infatti, alla continua ricerca di informazioni che possano confermare ciò che pensiamo e crediamo, e quando è troppo grande ci porta a perdere la prospettiva e ci induce a isolarci all’interno di una bolla dalla quale riusciamo a vedere e sentire solo ciò che vogliamo noi.

Come risultato degli effetti che un ego smisuratamente grande può avere sul leader, vi è quindi la perdita del contatto con le persone, con la cultura dell’organizzazione di cui si fa parte, ed infine con i clienti e gli investitori. Liberarsi di un ego troppo ingombrante ed evitare una leadership isolata è un compito importante ed impegnativo che richiede altruismo, riflessione e coraggio.

A tal proposito, Hougard e Carter elencano alcuni consigli che possono aiutare il leader a non cadere nella trappola dell’isolamento e non gonfiare smisuratamente il proprio ego:

  • Analizzare i vantaggi ed i privilegi che offre il ruolo di leader e, quando possibile, rinunciare ad alcuni di essi. Mentre alcuni privilegi tipici del ruolo di leader permettono di svolgere meglio il proprio lavoro, altri svolgono la sola funzione di incrementare lo status del leader, il suo potere e conseguentemente il suo ego. I due autori consigliano quindi di riflettere sui privilegi a cui si può rinunciare (come il pass per l’ascensore nell’esempio di Cees);
  • Supporto, sviluppo e creazione di collaborazioni lavorative con persone che non alimentano l’ego del leader; circondarsi di persone che non hanno problemi a parlare sinceramente e direttamente;
  • Umiltà e gratitudine: gli autori consigliano ai leader di crearsi l’abitudine di prendersi un momento, magari alla fine della giornata lavorativa, per riflettere sulle persone che hanno contribuito a rendere quel giorno un successo. Ciò aiuterà a sviluppare un naturale senso di umiltà, prendendo consapevolezza di non essere l’unico artefice del successo. Consigliano anche di terminare la riflessione inviando un messaggio di gratitudine alle persone che hanno contribuito a farci raggiungere il successo di quel giorno.

L’ego smisurato che si sviluppa con il successo può portarci a farci sentire di aver trovato la soluzione per mantenere in eterno la nostra leadership. In realtà così non è, poiché la leadership non è qualcosa che si possiede e che rimane immutata nel tempo, la leadership è la nostra relazione con le persone, e le persone sono in continuo divenire e cambiamento nel tempo. Se permettiamo al nostro ego di determinare cosa noi vediamo, sentiamo e crediamo, facciamo in modo che il nostro successo passato danneggi il nostro successo futuro.