di Marco Rotondi

Neurosystemics n°18/2021


 

L’arrivo improvviso della pandemia e la non conoscenza della malattia hanno causato continui cambiamenti di direttive ed una continua riorganizzazione del lavoro dei professionisti producendo spesso disagi e insicurezze che, sommate allo stress psicologico ed alla paura verso il virus ancora sconosciuto, hanno spesso prodotto nella maggioranza di essi la percezione di comunicazioni e supporti ricevuti insufficienti.

Ad aprile-maggio 2020, insieme al Gruppo di Progetto RUSAN, abbiamo fatto una serie di interviste semistrutturate ad un campione scelto di professionisti sanitari che stavano lavorando in prima linea nella cura dei malati Covid-19. Fra novembre 2020 e febbraio 2021 abbiamo poi condotto, insieme a FIASO, un’indagine strutturata e approfondita su un campione nazionale molto significativo, pari a 13.391 professionisti sanitari (corrispondente al 2,2% di tutti gli operatori del SSN) , con l’obiettivo di raccogliere e valorizzare meglio le esperienze fatte dalle Aziende Sanitarie al fine di individuare cosa e come capitalizzare del grande valore prodotto durante l’emergenza Covid-19.

Da queste attività di ricerca sono emersi anche alcuni aspetti del proprio lavoro che il personale sanitario oggi, dopo l’esperienza pandemica, fatica a tollerare. Come si può vedere nel grafico sottostante, la cattiva organizzazione del lavoro (49%), la burocrazia (42%) e la mancanza di comunicazione con i vertici (44%) sono gli elementi maggiormente evidenziati dai professionisti.

 

Anche la mancanza d’integrazione (27%), le critiche superficiali al Sistema Sanitario Nazionale (25%), l’orientamento dell’azienda al fatturato e non all’appropriatezza (34%), la scarsa volontà di crescita e le prestazioni inutili fatte solo per produttività (33%) sono gli altri elementi che i partecipanti alla ricerca hanno indicato come ormai sempre più difficili da sopportare.

Quasi tutti i professionisti (97%) hanno quindi evidenziato uno o più fattori che faticano a tollerare nel proprio lavoro già reso difficoltoso dalla pandemia; solo il 3%, infatti, ha indicato che non c’è niente che fatica a sopportare.

Andando poi ad approfondire l’altro lato della medaglia, è stato chiesto ai professionisti sanitari cosa avrebbero voluto rimanesse nel proprio lavoro dell’esperienza vissuta durante l’emergenza Covid-19. Dai vari aspetti che sono emersi spicca fra tutti la consapevolezza del valore del loro lavoro e del valore del Sistema Sanitario Nazionale, elemento riportato dalla maggioranza dei partecipanti (60%).

Guardando il grafico seguente si può notare che anche il lavoro d’équipe (47%), i modelli organizzativi flessibili (39%), la centralità del paziente e dei suoi bisogni (33%) e l’interprofessionalità e la multidisciplinarietà (33%) sono stati fra gli elementi maggiormente segnalati fra quelli che i professionisti vorrebbero mantenere nel proprio lavoro post emergenza.

 

L’impatto dirompente della pandemia ha indotto quindi una estremizzazione delle percezioni dei professionisti nel bene e nel male, amplificando al massimo le situazioni preesistenti in tutti gli aspetti organizzativi e relazionali; si sono così evidenziati da un lato la consapevolezza del valore di alcuni elementi ritenuti ormai fondamentali e imprescindibili (flessibilità, lavoro d’equipe, interprofessionalità e multidisciplinarietà) che andranno capitalizzati nelle Aziende Sanitarie, dall’altro lato altri aspetti che invece andranno necessariamente migliorati (cattiva organizzazione del lavoro, burocrazia inutile, poca comunicazione coi vertici).

 

Marco Rotondi