di Massimo Galiazzo

Neurosystemics© N°18/2021


 

Spesso quando si mette a tema la parola leadership si vola velocemente con l’immaginario al potere e, nelle stanze del potere, controllo e comando sembrano di casa, mentre fallimento e fragilità sembrano straniere espulse. Non è quello che ci hanno raccontato gli ospiti al nostro convegno (Extraordinary Event, 29 gennaio 2021): Roberta Candileno  ha esordito con “parlare di leadership agile in fondo non è altro che mettere a tema l’adattabilità e l’umiltà”. Paolo De Fabritiis ha incentrato il suo intervento proprio attorno al fallimento: anzi ha raccontato un suo fallimento personale come la migliore occasione per crescere. “Il fallimento è l’occasione di conoscere le proprie debolezze” e l’autentico autosvelamento del proprio errore genera nei collaboratori riconoscimento di autorevolezza. Una solida fragilità che mostra i limiti è managerialmente efficace. Deve però leggere nell’errore un feedback da utilizzare per ritarare la propria decisione organizzativa e a livello personale deve “cominciare a deporre l’egoità, transitando in tal modo dal disagio dell’umiliazione alla solida libertà dell’umiltà”.

La forza di questa leadership non trova risorse nelle conferme quanto nel suo modo di relazionarsi con l’errore e la possibilità di condividerlo: il suo self empowerment conquistato con l’esperienza, il suo esercizio, la sua solidità è proprio quella di consentirsi di ascoltare l’errore e cambiare con esso. Questo la rende una leadership agile: non ha un eccessivo attaccamento ai suoi progetti e alle sue previsioni e perciò riesce ad ascoltare tutti i feedback dell’organizzazione: la plasticità di questo poter cambiare è quello che la rende agile e leggera nei cambiamenti, adattabile alle situazioni perché costruita su di esse. Ma questo saper navigare a vista, come ha detto Matteo Catani, deve essere già costruito in porto, nel porto della propria leadership personale ed interiore.

Su questo punto Enrico Marchelli, ha sottolineato che una buona leadership non possa che passare da un individuo che è in equilibrio con se stesso prima ancora che con gli altri. La recente pandemia ci ha fatto toccare con mano che le difficoltà che gli individui hanno vissuto, anche in ambito privato (bambini che piangono, figli in DAD, animali domestici che distraggono…) possono sbilanciarci in modo significativo e rendere poco efficace la nostra capacità di guidare gli altri con successo. Quando si parla di Leadership è dunque sempre necessario partire da una valutazione del proprio stato di equilibrio di individui.

Vero anche che tutti riconoscono che siamo chiamati a scelte organizzative straordinarie e molti auspicano che queste diventino il modo ordinario di funzionare. Di certo questo tempo straordinario ha amplificato al massimo quelle che erano le nostre reali capacità di guida, nel bene e nel male; tutto è stato esplicitato ed evidenziato all’estremo davanti a tutti: il re è nudo. In questo periodo difficile “raccogliamo quello che abbiamo seminato” ci ha ricordato Massimo Fabi. Così leadership solide sono state la salvezza per molte organizzazioni e leader carenti sono stati accantonati o si sono auto-posizionati in esilio per lasciare il posto ad imprevisti leader naturali nascosti nelle retrovie delle organizzazioni. Questo dialogo tra ordinario e straordinario non sembra risolversi quindi in una delle due polarità. Anche i tempi di costruzione della propria solidità personale sembrano nascere dai tempi straordinari dedicati alla propria formazione ed hanno poi conseguenze sulla propria vita ordinaria.

 

Massimo Galiazzo